Settimana negativa per il
petrolio, che ha chiuso venerdì a 47,29 dollari al barile, con un calo dell'1,2% su base settimanale. A penalizzare il greggio concorrono ancora le preoccupazioni di un eccesso di offerta, dopo che l'arrivo dell'uragano Harvey ha messo K.O. la produzione delle
raffinerie situate nel Golfo del Messico. I dati dell'EIA sulle scorte hanno evidenziato una riduzione superiore alle attese ed il report di Baker Hughes sui pozzi attivi un livello invariato.
Il
gas naturale ha chiuso invece in rally, evidenziando un fortissimo incremento del 6,15% a 3,070 dollari, sempre a causa dell'uragano Harvey, che ha provocato grandissimi danni alle infrastrutture. Il mercato che era tendenzialmente in surplus e caratterizzato da un eccesso di offerta, sconta ora la possibilità di un
razionamento sin quando non saranno rimesse a punto le infrastrutture di trasporto dal Golfo del Messico.
Quotazioni in recupero per il
grano, che ha chiuso in rialzo di circa il 2,7% a 420,50 cent per bushel. Il frumento continua a beneficiare della grave siccità che ha colpito i maggiori produttori mondiali, compresa l'Australia, dove l'arrivo di piogge ha allentato solo parzialmente l'allarme. Acquisti
cautelativi hanno anche preceduto il lungo ponte festivo sui mercati USA.
L'
oro si è mosso fra alti e bassi la scorsa settimana ed ha chiuso venerdì a 1.326,6 dollari l'oncia, con un rialzo del 2,64%. Il metallo prezioso ha toccato un nuovo massimo da due anni a 1.330,8 dollari, sull'escalation delle tensioni geopolitiche (Corea del Nord), che ha innescato una corsa ai cosiddetti i
beni rifugio. Gioca a sfavore invece l'attesa di un ritiro degli stimoli delle banche centrali (BCE e Fed) a settembre.
Il prezzo del
rame è balzato del 2,13% a 3,10 dollari la libbra su nuovi massimi, grazie ai chiari segnali di ripresa dell'economia USA e di quella cinese, confermati da una serie di dati macro. Ciò sta favorendo il mercato, impiegato in campo
industriale e nell'edilizia/infrastrutture.